La Città
Storia























Dolcemente adagiata in una conca
pittoresca, scende verso il mare per abbracciare lo splendido golfo, è
sovrastata dal maestoso S. Calogero, una volta chiamato Eurako.
Questa è la stupenda immagine che Termini Imerese offre al visitatore.
La Città affonda le sue radici in tempi remoti. Storia e leggenda si
sono intrecciate nel tempo per segnare momenti che hanno esaltato la
crescita culturale di una Città che è stata definita «Splendidissima».
Legata ad Himera e alla sua affascinante storia, alle mitiche acque
fatte sgorgare grazie alle belle ed ospitali Ninfe, seguaci di Minerva
(la dea predilesse il contado Termitano-Imerese) per ritemprare le
stanche membra del semidio Ercole.
Le Thermae Himerenses (da qui poi Termini Imerese, cioè Terme di
Himera), dopo che i Cartaginesi nel 409 a.C. distrussero Himera e ne
impedirono la ricostruzione, accolsero gli Imeresi e, così, alla
popolazione indigena locale si aggiunse gente di origine greca e le due
stirpi diedero vita ad un'unica popolazione.
Anche la preistoria ha avuto una notevole presenza in questo
territorio. Ne sono testimonianze il Riparo del Castello, le grotte
Geraci e Marfisi, con insediamenti del periodo paleolitico superiore e
dell'età del rame e del bronzo. Qui sono stati rinvenuti utensili di
lavoro di dimensione e forma varia, ceramica rozza ad impasto e ceramica
dipinta a graffiti.
Nel riparo del Castello sono stati rinvenuti strumenti ed armi litiche.
PERIODO GRECO
Himera era stata fondata nell'anno 648 a.C. ad ovest della foce del
fiume omonimo. A fondare la nuova colonia fu un nucleo misto di genti
ioniche e doriche.
Himera fu colonia greca sulla costa settentrionale della Sicilia; i
coloni di Zancle che la fondarono furono condotti da Euclide, Simo e
Sacone.
Da ricordare una autentica personalità creatrice: Stesicoro, figlio di Euclide.
Il suo vero nome era Tisia d'Himera, si chiamò, poi, Stesicoro, cioè
ordinatore di cori, per avere portato a perfezionare la lirica corale.
Nacque ad Himera ma morì a Catania.
Himera sorse come avamposto della politica ellenica. Posta in un punto
strategico segnò la via naturale fra la costa mediterranea e la costa
tirrenica, si trovò al centro delle lotte fra Cartaginesi e Greci,
Agrigentini e Siracusani.
Himera (472-450 a.C.) ebbe una Zecca famosa e furono coniati medaglie, e
monete e parecchi «Tetradrammi» fra cui uno che raffigura le nostre
Terme.
Infatti in questo Tetradramma nel verso è effigiata la Ninfa Himera con
patere sacrificante sopra un'ara sovrastata da un fuoco. A destra
della Ninfa un Sileno si bagna con l'acqua sgorgante dalle fauci aperte
di una testa leonina che fuoriesce da una parete. Nel recto una «Biga
Lenta» con auriga coronato dalla vittoria; all'esergo Gallo e la
scritta: Himeraion.
Dopo la battaglia del 480 a.C., in cui gli Imeresi e gli alleati
annientarono i Cartaginesi, fu costruito un sontuoso tempio nella
pianura accanto al fiume che chiamarono della Vittoria dove - si dice -
vennero conservate le tavole del trattato di pace.
Un trattato che passò alla storia, tanto che il famoso scrittore
francese Montesquieu nel suo «Esprit des Lois» (del XIX sec.) scrisse
che quel trattato di Himera era stato il «più bel trattato di pace del
mondo» in quanto che gli Imeresi proibirono ai Cartaginesi i sacrifici
dei loro primi nati maschi agli Dei, e cioè sancirono delle norme a
favore degli stessi vinti.
Nello stesso giorno di quella storica battaglia (480 a.C.) anche i Greci sbaragliarono a Salamina l'invadenza dei Persiani.
Quelle due vittorie, ad Himera e a Salamina, risuonarono per secoli e
furono determinanti per salvare la grecità l'una dai barbari d'occidente
l'altra da quelli d'oriente.
I Cartaginesi non avevano dimenticato la disfatta del 480 a.C. ad opera
degli Imeresi e, nel 409 a.C., sbarcarono ad Himera e la assediarono
con ingenti forze e riuscirono a fare breccia nella città distruggendola
ed incendiandola.
I pochi Imeresi sfuggiti alla strage si rifugiarono sotto le mura della
«Città di Terme» e chiesero ospitalità. Vennero accolti qui. Termitani e
Imeresi trovarono, poi, una perfetta intesa e la città fu chiamata
«Termini Imerese».
PERIODO ROMANO
La grande epoca di Termini fu quella del periodo Romano.
Fu colonia Augustea tra le prime cinque costituite in Sicilia.
Consacrata « Civitas Splendidissima », ebbe foro, curia, anfiteatro,
porto, un ponte a più ordini di arcate e l'acquedotto Cornelio, la più
importante opera di ingegneria idraulica costruita dai Romani in
Sicilia, che oggi si può ancora in parte ammirare. Il periodo romano
merita una particolare attenzione. Antichissime vestigia e monumenti
testimoniano questo splendidissimo periodo.
La storia ricorda la restituzione ai Termitani di molte opere d'arte che i Cartaginesi avevano trafugato ad Himera.
Fu Scipione Africano a restituirle dopo la distruzione di Cartagine.
Tra queste, tre famose statue di bronzo raffiguranti il poeta Stesicoro,
Himera ed una capretta: simbolicamente raffigurate nello stemma della
Città.
Anche Plutarco parla di Termini e del ruolo di Stenio, illustre
cittadino Termitano, il quale nella lotta tra Mario e Silla parteggiò
per Mario. Stenio si oppose energicamente a Verre che intendeva portate a
Roma le tre antichissime statue Imeresi, restituite a Termini dai
Romani. Condannato a morte fu difeso da Cicerone davanti al Senato
Romano e denunziò i soprusi perpetrati da Verre in Sicilia. All'epoca di
Stenio Termini raggiunse il suo massimo splendore.
In quell'epoca fu costruito l'acquedotto Cornelio, lungo 7 km (I sec.
a.C.), che è la maggiore costruzione del genere realizzata in Sicilia,
anche perché rappresenta una delle prove più eloquenti delle cognizioni
che i Romani avevano sui principi della condotta forzata dell'acqua e
sulla teoria dei vasi comunicanti.
Nel periodo di Stenio nacque anche il grandioso edificio termale ornato
di statue, colonnati e marmi policromi, l'anfiteatro, la curia, il
foro, il tempio di Ercole e il Palazzo di Agatino venne ornato di
preziosi mosaici.
Con la caduta dell'Impero Romano, Termini cominciò a perdere il suo
splendore. Cessò di essere una città florida e accogliente e divenne
terra di conquista. Le invasioni barbariche segnarono un periodo buio
per la Città.
Ma si registrò un fatto notevole a Termini: l'introduzione del
Cristianesimo ad opera di San Calogero, un monaco orientale sfuggito
alle persecuzioni contro i Cristiani e rifugiatosi in eremitaggio sul
monte Eurako che da lui, poi, prese il nome di monte S. Calogero.
C'è una data da ricordare: 451. In quell'anno il Vescovo di Termini
Elpidio partecipò al Concilio di Calcedonia. Termini fu sede Vescovile
fino all'avvento dei Normanni.
PERIODO BIZANTINO E ARABO
Con lo stanziamento dei Goti guidati da Teodorico, Termini divenne
vittima delle lunghe e terribili guerre Gotico-Bizantine combattute dal
535 al 553.
Termini, in particolare, conobbe miserie e lutti considerevoli che nel tempo determinarono un preoccupante spopolamento.
Dopo il 553, ristabilito nell'isola il dominio bizantino, le condizioni
di Termini divennero a poco a poco piuttosto apprezzabili.
Gli Arabi sbarcarono in Sicilia dopo che Eufemio, che allora governava
l'isola, li chiamò in aiuto per sfuggire alla condanna emessa contro di
lui dall'Imperatore d'oriente per il rapimento di una suora appartenente
ad una nobile famiglia siracusana. Così gli Arabi dopo avere
conquistato Palermo, conquistarono nell'832 Termini Imerese con il
capitano Aausman Mohammed. Ma Termini non fu una facile conquista. I
Termitani resistettero ai continui assalti dell'esercito Saraceno che si
accampò nella vicina Trabia. Infine i Termitani trattarono e così gli
Arabi fecero il loro ingresso a Termini con il Capitano Mohammed.
La loro dominazione durò tre secoli e portarono diverse coltivazioni,
come il carrubo, il gelso e gli agrumi e lasciarono notevole traccia
nella terminologia dialettale specialmente nel campo agricolo.
PERIODO NORMANNO
Con la conquista Normanna Termini divenne città demaniale. Inoltre, si
determinò un rilancio delle attività commerciali e fu costruita la
Chiesa di San Giacomo, l'antica Cattedrale per iniziativa di Ruggero Il.
La Chiesa fu consacrata da Papa Innocenzo III nel 1202, che era tutore
di Federico II. Il Papa sostò a Termini durante il suo viaggio da
Palermo a Roma. I Normanni introdussero in Sicilia il Feudalesimo.
Con Ruggero - ricorda il Solìto - venne concesso un feudo a Roberto
Brucato, un Cavaliere normanno a cui successe il figlio Giovanni.
Il feudo comprendeva diciotto contrade tra cui ricordiamo: Signora,
Franco, Torrazza, Molara, Cortevecchia, Canna, Quarantasalme, Piano
Bandiera. Un vasto territorio che si estendeva dai piedi del S. Calogero
alla Valle del Torto fino alla sponda sinistra del Fiume Himera. Il
feudo era presidiato da una fortezza e in esso si trovavano mulini,
masserie, laboratori di artigiani, villaggi e mercati.
Dal principio del Feudalesimo Termini non fu mai soggetta a nessun
Barone essendo rimasta, fino all'abrogazione del Feudalesimo stesso,
Città Demaniale, cioè soggetta soltanto alla Corona.
PERIODO SVEVO
Dopo la morte di Guglielmo II il Buono, Enrico VI di Svevia figlio di
Federico Barbarossa, sposò Costanza figlia di Ruggero I e, nel 1194 si
fece incoronare a Palermo Re di Sicilia.
Ad Enrico VI successe Federico II, il quale si rivelò uomo saggio,
accrebbe i privilegi ai municipi, diminuì la potenza dei Baroni e, con
una grande e geniale riforma dei Parlamenti (che erano stati introdotti
in Sicilia dai Normanni) favorì il popolo.
Al Parlamento, dove sedevano allora solo Baroni ed Ecclesiastici,
divisi in due bracci, Federico II vi chiamò anche i borghesi e i
rappresentanti delle città libere cioè non dipendenti dall'autorità
regia. Al Parlamento convocato a Messina nel 1233, Federico classificò
Termini tra le Città del Regio Demanio e conferì il titolo di «Civitas
Splendidissima», dato precedentemente dai Romani.
Da allora Termini cominciò a mandare al Parlamento i suoi rappresentanti che si chiamarono Sindaci e Procuratori.
Dopo Federico II salì al trono Corrado a cui successe Manfredi,
Consigliere particolare del Regno e primo Ministro del Re Manfredi fu
Matteo De Thermes, il giovane brillante figlio del Castellano della
fortezza di Termini che poi doveva diventare il Beato Agostino Novello
Patrono della Città. Matteo di Termini dopo aver compiuto gli studi
umanistici in patria, fu mandato a Bologna, per completare gli studi
superiori, dove si laureò in diritto civile ed ecclesiastico. Nella
battaglia di Benevento, che Manfredi combatté contro Carlo D'Angíò, fu
vicino al Sovrano, che cadde valorosamente. Matteo, dopo una grave
malattia, distribuì ai poveri i suoi averi, seguì l'interiore chiamata
di Dio e abbracciò da semplice frate laico l'ordine di S. Agostino,
prendendovi il nome del Santo fondatore. Visse in umiltà e penitenza e
lasciò la Sicilia per raggiungere gli eremi di Siena. Ma non poté
restare qui a lungo nascosto. Fu riconosciuto infatti da Giacomo
Pagliaresi, già suo compagno di studi a Bologna quando difese il
Convento. Il Pagliaresi, fra l'unanime meraviglia dei frati, celebrò il
valore di colui che si nascondeva sotto l'umile saio. Riconosciuto con
grande suo rammarico per quel che valeva, Frate Agostino fu promosso per
ubbidienza al Sacerdozio e assunto dal Beato Clemente, Generale
dell'Ordine a collaboratore nel governo. Riformò le regole degli Eremiti
dell'Ordine Agostiníano. A Roma fu confessore dei Papi Nicolò IV,
Celestino V e Bonifacio VIII. Al Capitolo Generale dell'Ordine tenutosi a
Milano, sebbene assente fu unanimemente eletto Superiore Generale.
Accettò la carica per imposizione del sommo Pontefice Bonifacio VIII,
ma, dopo due anni, a Napoli, al nuovo Capitolo Generale, pregò i
confratelli di accettare le dimissioni. Tornò così a Siena. Desideroso
di vita umile e nascosto si ritirò nell'Eremo di San Leonardo nelle cui
vicinanze costruì un Ospedale. Morì il 19 maggio del 1309. Il corpo del
Beato Agostino venne traslato a Termini Imerese il 19 maggio del 1977.
PERIODO ANGIOINO
Dopo la vittoria su Manfredi a Benevento Carlo D'Angiò divenne Re di
Sicilia. Il suo governo fu tra i più tristi. La sera del 31 marzo 1282,
durante le funzioni della Settimana Santa, dopo un incidente tra un
soldato francese e alcuni fedeli, scoppiò a Palermo una rivolta
antifrancese. Furono i famosi Vespri Siciliani.
Anche Termini si ribellò ai Francesi. I Termitani assalirono e
conquistarono il Castello e, dopo avere scacciato i Francesi, si diedero
un governo autonomo. Gli Angioini riconquistarono la città con Carlo
D'Artois grazie ad uno stratagemma e cioè al taglio dell'acquedotto
Cornelio, che permise ad essi di mandare a secco la Città e la
popolazione.
I Termitani, tormentati dalla fame e dalla sete, chiesero una tregua
agli Angioini perché speravano nei soccorsi di Re Pietro di Aragona che
tardò ad arrivare perché impedito dagli intrighi di Corte. Termini fu
costretta così ad arrendersi. Dopo la resa, venne rasa a suolo ed i suoi
monumenti vennero distrutti; furono soltanto rispettati le Chiese di
san Francesco e di San Giacomo. Tuttavia la rocca del Castello non fu
espugnata. Inoltre la resistenza dei Termitani costituì un serio
ostacolo al tentativo degli Angioini di conquistare la Sicilia.
PERIODO ARAGONESE
Quando Re Pietro II di Aragona riuscì a mandare il suo esercito in
soccorso dei Termitani contro i Francesi, riconquistò Termini. La
Sicilia, in un momento in cui la difesa era piuttosto difficile, fu
salva per la resistenza di Termini, e Re Pietro grato e riconoscente le
conferì un diploma e le concesse diversi privilegi e ben presto la città
cominciò a risorgere dalle rovine ed ebbe una ripresa nel commercio,
nelle arti e nelle lettere.
La ripresa economica è confermata dalla istituzione nel 1515 con Ferdinando II, di una Zecca Regia che operò per sei anni.
CONTRASTI CON CACCAMO E TRABIA
Superato il momento difficile, connesso con l'assedio e l'invasione
degli Angioini, Termini dovette risolvere i contrasti con Caccamo per il
possesso del San Calogero, il maestoso monte, una volta chiamato
Eurako, che sovrasta la città. Manfredi Chiaramonte si era impossessato
arbitrariamente del monte e Termini protestò a lungo producendo i giusti
documenti che attestavano appunto che la proprietà apparteneva alla
città Imerese. Nel 1392, Re Martino, investito della questione, diede
ragione ai Termitani e, così, i Chiaramonte furono costretti a
restituire a Termini il S. Calogero.
Altri contrasti confinari sorsero tra Termini e Trabia.
Blasco Lanza di Trabia si era appropriato di alcuni terreni di Termini
per ampliare le sue terre. L'obiettivo di Blasco Lanza era quello di
formare un feudo. La protesta dei Termitani arrivò senza esito a Re
Ferdinando il Cattolico e, alla sua morte, al successore Carlo V.
Ad un certo punto, i Termitani, stanchi di attendere, diedero vita ad
un'azione di forza con saccheggi nelle campagne e nel Castello di
Trabia. Finalmente Carlo V, considerata personalmente la questione, il
22 febbraio 1522 restituì i terreni a Termini che stabilì i confini
erigendo una Chiesa alle porte di Trabia.
GLI EBREI
Anche gli Ebrei, nel XV sec. si installarono a Termini nella parte alta
della città, dove avevano la loro sinagoga richiamati dai commerci che
qui si svolgevano in condizioni particolarmente vantaggiose.
Quella di Termini fu una comunità tra le più importanti delle
secondarie. Il ghetto sorgeva nella zona del Piano Barlaci, che
cominciava dal Convento di S. Domenico e si estendeva fino a Porta
Palermo da un lato e dall'altro fino alle porte del Castello e al piano
della Chiesa Maggiore (tombe ebraiche sono state rinvenute alla Villa
Palmeri).
Quando gli Ebrei lasciarono Termini un frate francescano termitano
Giacomo Di Leo ottenne dal Papa Alessandro VI di mutare la sinagoga in
monastero. Così, sorse il Monastero sotto la Regola di Santa Chiara e
con il titolo di San Marco.
PERIODO DEL VICEREGNO SPAGNOLO
Con Carlo che successe a Ferdinando il Cattolico, la Sicilia era
affidata al Viceré Ugo Moncada che era odiato da tutti. I Baroni con il
Conte di Golisano lo invitarono, a più riprese, a dimettersi. I Baroni
per protesta lasciarono Palermo e si fermarono a Termini dove trovarono
la popolazione esasperata contro il Moncada. Il 5 marzo 1516, si
radunarono nella Chiesa di San Giacomo - allora Chiesa Madre - e con
l'intervento dei Giurati, degli altri ufficiali, del Clero, di tutto il
popolo, furono celebrati solenni esequie alla memoria del Re Ferdinando e
vennero acclamati i nomi di Carlo e della madre Giovanna. Inoltre, con
una solenne scrittura, condannarono il Viceré Moncada.
Successivamente, tentarono di trasferire il Parlamento a Messina, ma
non fecero in tempo perché il popolo si ribellò e il Moncada venne
espulso da Palermo.
In quel periodo la Sicilia subì la minaccia di una invasione dei Turchi
che si erano già impadroniti di Tunisi. Carlo V accorse in aiuto e con
un forte esercito mosse alla conquista di Tunisi. Carlo V il 13
settembre 1535 venne accolto con entusiasmo a Palermo. Si stabilì nel
sontuoso palazzo « Aiutami Cristo » presso Porta Termini e qui ricevette
gli omaggi da tutte le città dell'isola. Termini mandò Vincenzo Solìto.
Carlo V si portò a Termini e, come scrive il Solìto, «fu accolto dai
Termitani con ogni pompa nella Casa nobile di Romano e fu presentato al
Senato Termitano».
Sotto Carlo V, furono fortificate le mura ed ebbe un notevole
incremento il "caricatore" rinomato fin dall'epoca romana come attesta
Cicerone,tanto che divenne uno dei più importanti della Sicilia. Il
"caricatore" fu un punto di riferimento importantissimo e alimentò una
fiorentissima esportazione di olio e paste alimentari; nel golfo imerese
ballonzolavano sulla risacca numerosi vascelli che trasportavano il
grano a Genova, a Roma, in Spagna e nelle lontane Fiandre e verso
Costantinopoli. Da Carlo V a Filippo IV Termini godette sempre di
privilegi e benefici e con i Viceré la Sicilia ebbe un periodo di
quiete.
Nel 1675 Messina mossa - come dice il Palmeri - dalla brama di volersi
ingrandire a spese di tutto il Regno si ribellò al Governo Spagnolo e
chiamò i Francesi in suo aiuto. Il 31 maggio del 1675, l'Armata Francese
salpò da Messina per tentare un colpo a sorpresa a Palermo, ma appena
fu avvistata dai Termitani, fu respinta a colpi di cannone sparati dal
Castello. Inoltre alcuni vascelli, che erano approdati nella spiaggia di
Colasecca, furono costretti ad allontanarsi.
Con la morte di Carlo II, successore di Filippo III, si estinse la famiglia austriaca che dominava la Spagna.
Il trattato di Utrech diede la Sicilia a Vittorio Amedeo II di Savoia. E
con il nuovo Re le condizioni dell'Isola migliorarono lentamente.
Palermo accolse Amedeo II con grandiose feste. Anche a Termini le feste
durarono tre giorni e vennero descritte in un opuscoletto intitolato
«Imera in brio» pubblicato dai giurati dell'epoca.
Il5 settembre del 1714 Amedeo I venne in città insieme alla Regina Anna
d'Orleans e fu ospitato nel Palazzo del Marchese Marini - oggi Palazzo
Marsala - dove una lapide ricorda l'evento sito nella via che
successivamente fu intitolata al Re.
Del governo di Amedeo rimane una disposizione edilizia emanata dal
Viceré Maffei il 6 dicembre 1717 per rendere la città «più decorata» e
più bella.
Gli Austriaci governarono l'isola fino al 1734, anno in cui Carlo di
Spagna, figlio di Filippo V conquistò il regno di Napoli e di Sicilia.
Chiamato al trono di Spagna, lasciò il regno al terzogenito Ferdinando,
il quale considerò la Sicilia come provincia del Napoletano. Per ben
quarant'anni il Re e la Regina Carolina d'Austria oppressero la Sicilia
finché i Baroni, con a capo il Belmonte, non si ribellarono.
L'Inghilterra venne in loro aiuto con Lord Guglielmo Bentích, comandante
delle Armi Britanniche. I Baroni riuscirono a vincere e il risultato
della lotta fu la Costituzione del 1812. Un uomo si distinse in modo
particolare il Termitano Abate Paolo Balsamo. Il Balsamo che sedeva nel
braccio ecclesiastico del Parlamento, ebbe l'incarico di riformare la
Costituzione. Così la nuova Costituzione del 1812, redatta da Paolo
Balsamo, venne approvata dal Parlamento in seduta solenne. Fu il primo
esempio di liberale ordinamento politico e conteneva i germi delle più
grandi ed utili riforme sociali.
PERIODO BORBONICO
Poi Termini Imerese recitò un ruolo importantissimo per l'indipendenza
della Sicilia dai Borbone. I Borbone, con il Generale Florestano Pepe,
erano entrati in città nel settembre del 1820. E dal 1820 al 1860 una
lunga serie di avvenimenti si succedono nella città imerese tutti legati
alla conquista della libertà che doveva portare, poi, alla conquista
dell'Unità d'Italia.
Termini - come sostiene Baldassarre Romano - si organizzò e si diede un governo creando l'immagine di una «Piccola Repubblica».
Per respingere l'arroganza borbonica creò Società segrete che operarono
nelle due parti della città: i «Figli di Stenio» nella parte alta ed i
«Figli di Ercole» nella parte bassa, richiamando le personalità più in
vista per un impegno di libertà e di unità.
La Rivoluzione del 1848 ebbe tra i grandi protagonisti un Termitano
autentico il Generale Giuseppe La Masa, l'eroe della Fieravecchia, che
ebbe una parte determinante nell'impresa garibaldina.
Termini insorse il 31 gennaio 1848. I Borbone si erano rinchiusi nel
Castello; poi furono costretti ad abbandonare la città il 13 febbraio;
ma la riconquistarono il 14 aprile.
Termini fu pronta a fare eco ai moti della Gancia di Palermo del 4 aprile 1860.
Lo sbarco dei Mille contribuì alla resistenza dei Termitani agli
attacchi continui dei Borbone. La presenza di La Masa col Generale
Garibaldi diede la giusta carica ai Termitani e, in Piazza Caricatore,
venne issato il tricolore e costituito il comitato rivoluzionario.
Termini Imerese fu una delle prime città della Sicilia a costituire un Governo Popolare.
Una serie di avvenimenti tengono desta per mesi la città che caccia
definitivamente le truppe borboniche il 5 giugno 1860. Per cacciarli fu
una lunga lotta. Termini venne attaccata per mare e dal Castello. I
Termitani fronteggiarono con eroismo i Borbone che furono costretti ad
abbandonare il Castello e si imbarcarono sulla fregata Archimede, ma,
prima di allontanarsi, fecero saltare le polveriere distruggendo una
delle più antiche e munite fortezze della Sicilia.
Un contributo valido e fortemente voluto quello dei Termitani
all'epopea garibaldina che doveva consacrarsi, poi, con l'Unità
d'Italia; contributo legato anche a tanti prestigiosi nomi che hanno
dato esempio illustre all'intera città.
Questo il lungo cammino di una città che si è sempre rispecchiata nel
suo glorioso e leggendario passato e che guarda con fiducia al futuro.
Le industrie hanno trovato insediamento in una vasta zona, ma Termini
Imerese non ha perso le sue caratteristiche in città ricca di storia e
di pregevoli monumenti: le Terme e il Museo sono la testimonianza più
eloquente e che possono misurare la grandezza di quella che giustamente
fu definita «Civitas splendidissima».